domenica 14 luglio 2013

catalogo mostra Michele Roccotelli da me curata in Castel dell'Ovo gennaio 2012





Il mio testo:
Medi-terraneo: mare in mezzo alle terre


Terra e mare costituiscono un connubio intenso e vitale del nostro paese proteso nel Mediterraneo, che acquisisce nome diverso dai luoghi che lambisce, e l’artista Michele Roccotelli si ritrova sovente a navigare con il cuore e con il pensiero dall’uno all’altro mar: dall’Adriatico al Tirreno. Del Mare Nostrum percepisce i fermenti, ne vede con occhi ammirati e sognanti gli intensi blu delle profondità con il celeste del cielo che si congiunge all’orizzonte, il turchese che sfuma nell’acquamarina là dove lambisce la costa, il bianco delle spume sulla scogliera o in cima alle onde alte che, spinte dal vento, cavalcano la distesa d’acqua. Tanto azzurro nelle sue opere è sempre accostato al verde e ai gialli e ai rossi dei paesaggi circostanti: spiaggia, fiori, vegetazione spontanea delle coste.
La sua arte è sintesi di esperienza spirituale, fisica ed emotiva, di un intenso vissuto intrecciato di fervida immaginazione, propria di una gente tenace ed estroversa, fantasiosa e concreta, antica e contemporanea, colta e terragna. Nella terra dove i falconi volano liberi come al tempo di Federico II, l’artista, nativo di Minervino Murge, legato alle fertili valli inondate di sole e a centri storici aggrappati ad imponenti cattedrali romaniche, a possenti memorie che ne hanno segnato il destino, agli alberi, ai fichi d’India, ai muretti a secco, alle polverose stradine di campagna, alle distese di grano, a tutti quegli elementi campestri con cui intrattiene continuo e gentile dialogo, suole ritornare di frequente con lo spirito e con la tavolozza
Moltissimi naturalmente i critici che di conseguenza hanno letto ed esaltato in lui il pittore pugliese che della sua terra esprime l’essenza profonda. È certamente così, della Puglia e del Sud in generale egli sintetizza e riflette le connotazioni più autentiche: il fascino aspro, l’ancestrale destino di muto sacrificio, la scabra agreste quotidianità e le distese assolate con la salsedine che spira dal mare sulle pietraie e sui ciuffi di macchia mediterranea, ma sarebbe ingiustamente riduttivo recintarne la poetica entro confini regionalistici. Roccotelli, appassionatamente radicato al luogo d’origine, allarga il suo sguardo e il suo dire oltre ogni confine travalicando limiti e proponendo piuttosto una poetica che ha toni e linguaggi di universale ricezione. Il suo esplicito invito a tutti è di potere: “...per l’abisso degli occhi miei approdare ai vostri mondi”…
Talento eclettico e multiforme, realizza una pittura “spontanea” nel senso che fiorisce di getto da una subitanea ispirazione nascendo libera e immediata dal contatto con il reale, ma assolutamente non “spontaneistica” giacché nutrita di attento studio e meditata raffinatezza compositiva. Una lunga formazione accademica, la lezione dei maestri, il modello dei capolavori del passato, l’osservazione della natura, la padronanza delle tecniche e l’uso sapiente e originale dei supporti, ne hanno affinato la naturale vocazione pittorica.
Fino agli anni ’80, date le innate doti di disegnatore, con immediato trasporto risponde alle istanze della neofigurazione che circolavano nel mondo dell’arte e la sua attenzione insistentemente si sofferma sulla realtà circostante di oggetti, frutti, fiori, iperrealisticamente raffigurati, “fotografati” su davanzali di finestre aperte sul mondo, sul mare, sull’infinito. Un intercambio psicologico ed emotivo, un dialogo costante tra l’interno e l’esterno, tra sé e il mondo, tra quotidianità e fantasia, tra concretezza e liberi voli. Accanto alle finestre, che, pur con infinite variabili stilistiche, resteranno una costante nella sua pittura, e alla perfezione fiamminga di brani di nature morte, compare talvolta la scultorea fissità di antichi volti contadini, ruvidi e scavati, nella visione verista di un quotidiano di dura fatica.
La svolta verso l’astrazione vede la sublimazione delle “cose”, già naturalisticamente accarezzate e l’abbandono della figurazione verso plaghe di colore assoluto. Cromie contrastanti, pirotecniche, effetti incantati da “son e lumière”, astrattismo barocco di “meraviglia”. L’artista vola sulle ali dell’imprevedibile in un universo scevro da immanentismi, uno spazio ideale e gioioso di pura poesia, un canto libero che inneggia alla magnificenza dell’universo, da cui estatico mutua la lirica essenza della natura che trasferisce sulle sue tele informali. Pittura totalizzante per lui che la realizza dandosi ad essa con assoluta dedizione di sé, che per chi ne fruisce e si trova avvolto e coinvolto in un insieme indicibile di forti tinte e di profonde emozioni. Superfici ruvide, scabre, puntute di spini, irte di scorze d’alberi, intricate di roveti, tronchi ritorti, fasci di rami spezzati, baluginare di raggi e scintillio di colori. Si potrebbe con Montale ...ascoltare tra i pruni e gli sterpi / schiocchi di merli, frusci di serpi... / Osservare tra frondi il palpitare / lontano di scaglie di mare.../...andando nel sole che abbaglia...
Determinanti sono stati gli incontri con critici importanti, in particolare con Franco Solmi, l’esperto di Morandi e direttore della Galleria d’Arte Moderna di Bologna, scomparso nel 1989, che hanno voluto dare una sistemazione teorica allo sfolgorante “guazzabuglio” della sua espressione poetica. Roccotelli ha accolto con rispetto indicazioni e consigli e li ha seguiti docilmente per poi riprendere a rincorrere il corso aereo della proprio estro fantastico come un aquilone di cui è difficile tenere il filo, attratto da stimoli e sensazioni nuove che di volta in volta gli dettano l’impulso di estrinsecarle con modalità espressive ad esse coerenti. Perchè Roccotelli è così: estroso, immaginifico, irrequieto, curioso, inafferrabile, sempre ottimisticamente proteso verso nuove esperienze e dunque impossibile da indirizzare e catalogare entro rigidi schemi teorici. “ Bisogna avere il caos dentro di sé per generare una stella danzante”, l’aforisma che Nietzsche fa pronunciare a Zarathustra, è il suo motto e la sua bandiera.
Un inesausto anelito di ricerca lo porta dunque a ideare differenti formule cromatiche e segniche e a proporsi in un mai interrotto colloquio con il fruitore. È un forte bisogno interiore che è bisogno, appunto, di mantenere vivo il rapporto con gli altri senza soluzione di continuità, comunicare ogni sua intuizione, ogni scoperta di forme inusitate che aprono alla bellezza. Nel 1990 a Roma lo scrittore Alberto Bevilacqua asseriva che: “Roccotelli non si propone particolari vittorie; ma piuttosto catture fulminee di scorci esistenziali convinto che solo nello scorcio si può avere l’esatta idea dell’insieme. (...) in questo credere che la vita è contemporaneità di eventi lapidari, sta la sua modernità”
Non è emigrato al Nord alla ricerca di consensi e successi. I consensi e i successi sono giunti a lui nel piccolo paese delle Murge insieme alle sollecitazioni ad esporre nelle grandi città d’Italia e del mondo per portarvi il lirico e pregnante messaggio della sua arte, il sogno sognato di armonia tra uomo e ambiente circostante che aspira a condividere con il resto del mondo.
Da qui viaggi e mostre in importanti località italiane ed estere di Europa, USA, Canada, ambasciatore di sensibilità artistica, di movimentate fantasie policrome, di luminosità solare e spirituale. In Germania soprattutto, a partire dagli anni novanta il suo naturalismo informale, i suoi “Paesaggi Astratti” raccolgono grande consenso e da allora espone permanentemente in varie città tedesche.
Nel suo lungo lavoro di artista visivo ha percorso e assorbito e superato tutte le avanguardie e le sperimentazioni. Futurismo, cubismo, astrattismo, pop art, si intravedono rielaborate come citazioni in una estrinsecazione formale che è solo sua e che nelle diverse fasi del proprio sperimentare lo vede con alterne vicende traghettare da neofigurazione a impressionismo astratto, al recupero della figurazione. Ma pur nelle continue variazioni formali e nell’uso dei materiali e delle tecniche più insolite, fondamentalmente resta fedele a se stesso, al tocco estetico-espressivo che gli è peculiare e alla sua essenza poetica.
Dagli anni 2000 mi è stata data l’occasione di scrivere ripetutamente su di lui e sebbene il suo processo di evoluzione e affinamento stilistico sia stato ininterrotto, in merito a questa sua essenza poetica ritrovo conferma nelle impressioni di allora, le prime nate dall’incontro con la su arte:
E la fascinazione dei luoghi del Mediterraneo lo avvolge come una malia, Capri lo seduce totalmente. Ama la bellezza delle coste di questa magica isola, dei nuclei antichi che, nel nitore che li contraddistingue e nel affollamento di abitazioni strette intorno alla torre della piazzetta o alle chiese gli ricordano quelle del suo territorio strette alla cattedrale.
Ogni luogo in cui gli succede di soffermarsi scava nel profondo del vissuto emozionale dell’artista un solco di profonde sensazioni che poi trasmette sulla tela e di Napoli mette a confronto il cupo grigiore dei vicoli, che lo aveva colpito anni addietro, accanto allo stupore estatico per le meraviglie non solo di Capri ma anche dei profondi abissi della Gaiola o della vertiginosa visione del mare dall’alto delle mura del Castello. Da sempre lo affascinano le pareti a strapiombo, la splendida vista che si gode in altura, gli angoli appartati e suggestivi dove discreta e non invasiva è la presenza dell’uomo e dove un’insolita prospettiva dall’alto verso il basso, si propone alla sua ottica creativa con forme espressive nuove, ribaltate, e immagini inconsuete di barchette solitarie che si aggiungono ad arricchire il suo variegato poema iconico sull’ancestrale eterno tema del mare e delle terre che vi si affacciano. Il riferimento figurativo non è più raccontato con il linguaggio naturalistico degli esordi ma con quegli accenni di lirica evocazione che da tempo ne contraddistinguono l’espressività e che rendono concretamente vive e reali le sue fantasiose visioni dei luoghi.
Tele di varie dimensioni, a preferenza ampie, ricorso a multimateriali, collage di carta e cartone ondulato, i supporti su cui la fantasia creatrice agisce con pennellate ampie e lente, spruzzi veloci, sapiente uso del segno e del colore per elaborare paesaggi fermi nel tempo eppure futuristicamente dinamici; borghi segmentati e ricomposti a mo’ di piramidi cubiste; accenni a farfalle metafora di incanto e caducità e vivacità della natura; astrattismi curvilinei o fasciformi tra cui occhieggiano elementi naturalistici; effetti di luminosità piena, ombreggiata, striata, punteggiata.
Nella unitarietà dei linguaggi dell’arte, Roccotelli, che suole anche scrivere versi, incrocia con la pittura su tela l’attenzione al mondo di oggetti che la contemporaneità produce per poi gettare e che egli recupera reinventando e destinando a nuova vita . La finestra, uno dei topoi della sua produzione, ricompare di volta in volta rivisitata in ciascuna delle varie fasi percorse, e non solo sulla tela, ma anche in concrete pittosculture di vecchi infissi recuperati e riciclati. Policrome finestre di legno, adoperate nella loro tangibile materica tridimensionalità a supporto dell’immagine pittorica di paesaggi urbani o campestri, sottesa aspirazione a spazi ideali, a una bucolica realtà esterna intuibile al di là degli scuri serrati.
Gli scarti di vecchi coppi, pignatte di terraglia e oggetti di coccio, un tempo adoperati in vario modo nelle case contadine, ne stimolano la fantasia mettendo in moto un elaborato processo di ricerca e rielaborazione. Vi intuisce forme fantastiche che poi realizza unendo agli elementi riciclati per una nuova e immaginifica destinazione d’uso, parti ex novo create mutuando tecniche e competenze dall’antica tradizione italica della lavorazione e decorazione ceramica. Ne nascono articolati totem, plotoni di bottiglie antropomorfe dotate di icastica intrigante espressività, grandi piatti da muro con sfumature di inusitati cromatismi, piastre di terracotta quadrate, rotonde, a forma di otto coricato, su cui il tratto, il graffito, la particolare colorazione, creano volti stilizzati, accennati, divertenti, inquietanti.
Che il supporto sia la tela, la ceramica, l’oggetto riutilizzato ed elevato a rango di opera d’arte, o quale che sia l’interpretazione semiotica che il singolo fruitore vi possa leggere, è sempre presente, come egli stesso dichiara:…”la pregnanza di un sentimento, di un legame lontano e profondo” che è il legame lontano e profondo con il Mediterraneo.









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